mercoledì 29 aprile 2009

Veleno.


Veleno.

Veleno nel sangue.







Vengo contaminato. Cerco di purificarmi l'anima e la mente e vengo contaminato. Nero veleno che mi pervade.
Leggo delle parole vuote che strisciano su sentieri digitali, comunione di semplici caratteri a forma di bit. Parole fredde, nette che compongono frasi a cui devo dare un senso. A cui IO devo dare un senso personale, che devo metabolizzare, elaborare e capire.
Scorrono scure alla luce fredda che accarezza una notte chiusa fra quattro mura sterili.
Mi scorrono sul viso, nel riflesso della mia ombra su uno specchio scheggiato, a cui fatico a rimettere i pezzi insieme. Dove i frammenti non combaciano mai.
Tento invano di seguire un ordine nel caos che mi si rivela di fronte. Cause e conseguenza, azioni, pensieri, rimorsi e piacere. Dolore. C'è sempre dolore per me, almeno questa rimane una costante invariata nel tempo.
CHiudo gli occhi mentre le immagini invadono la vista, al suono di un silenzio troppo forte per me ora. Labbra serrate al pari di mandibole strette, mani che fermano il sangue in circolo. Troppo veloce. Ricordo di avere avuto voce un tempo, ora non emetto rantolo alcuno. La parole si moltiplicano. Piani che si creano, piani su piani di frasi, parole e lettere, una sull'altra si sormontano, mi coprono.
Entra in circolo nel corpo. Veleno nero come la notte che mi snobba. Come la luna che dal cielo ride di me. Come la città che mi tiene le distanze. Come la vita che mi sputa in faccia.
Sento punte nella carne.
Vibrazioni nello stomaco.
Mi sale il vomito.
Urlo in silenzio. La rabbia mi serve, l'ira è preziosa. Incanalo in quella sfera densa e vibrante che sento al centro del diaframma tutte le sensazioni. La sento crescere velocemente. Vibro. Ancora e ancora.
Saltano cardini a cancelli arrugginiti, turbine d'emozione negativa, visione sovraesposta del mondo, consapevolezza di certezze che sopivano, tarli che fuoriescono. Esplosione statica dell'Io.
Radici vermiglie nel bianco prendono e rubano spazio, infiltrano parassitariamente le loro estremità nel profondo, si radicano, si espandono. Veleno. Veleno.

Lo specchio continua a incrinarsi.
Ogni parola rivoltami da colpi a questa maschera fragile. Una parte di me che avevo già ristretto, che ho tenuto esposta solo ad alcuni, viene ora percossa con violenza, con rivelazioni, con verità sporche, impure, taglienti. Mi sento destinatario di confessioni dolorose in cui partecipo, personaggio involontario di un triste spettacolo teatrale in cui faccio la comparsa inconsapevole. Colui che alla fine del primo atto viene pugnalato alla schiena, mentre il pubblico è distratto, mentre il sipario su di lui cala.





Conoscevo un limite.
Limiti, sponde che delimitano spazi. Spazi chiusi, enormi ma finiti. Argini a fiumi sempre troppo violenti.
Conoscevo un uomo. Si chiamava Max.
Aveva l'anima chiara, aveva un cuore sempre esposto, aveva la mente sempre calma.
Aveva idee ferme, limiti che fermavano ombre, aveva speranza e pazienza. Aveva comprensione. Aveva certezze.
Ora conosco un uomo. Si chiama Max.
Ha veleno. Ha Rabbia. Ha limiti valicati. Argini distrutti. Ha porte chiuse. Ha incertezza, ha dolore, ha caos.
Ha ombre che divorano luce, ha radici scarlatte che segnano il bianco.
Ha disprezzo. Intolleranza. Indifferenza.
Ha veleno.




Max. Oggi Veleno. E anche in futuro.

venerdì 24 aprile 2009

Point of View

“Quello che devi considerare” dice, “è la possibilità che tu a Dio non sia simpatico. Potrebbe essere che Dio ti odi. Non è la cosa peggiore che ti può capitare.”
Il modo in cui la vedeva Tyler era che attirare l’attenzione di Dio per essere stati cattivi era meglio di non ottenere attenzione per niente. Forse perchè l’odio di Dio è meglio della sua indifferenza.
Se tu potessi essere o il peggior nemico di Dio o niente di niente, cosa sceglieresti?
Noi siamo i figli di mezzo di Dio, secondo Tyler Durden, senza un posto speciale nella storia e senza speciale attenzione.
Se non otteniamo l’attenzione di Dio non abbiamo speranza di dannazione o redenzione.
Che cos’è peggio, l’inferno o niente?
Solo se veniamo presi e puniti possiamo essere salvati.

“Brucia il Louvre” dice il meccanico, “e pulisciti il culo con la Gioconda. Almeno così Dio saprà come ci chiamiamo.”
Più in basso cadi, più in alto volerai. Più lontano corrì, più Dio ti rivuole indietro.

Fight Club, C. Palahniuk


Alla fine si riconduce tutto a questioni di punti di vista.

Sbaglierò, forse, a dire che gli sbagli non esistono, che il peccato non esiste, e che, alle volte, anche la verità è propriamente solo un punto di vista.
Una prospettiva angolare, una visione laterale e soggettiva di un susseguirsi di unici eventi che ognuno di noi analizza e elabora a suo modo. Anzi, mi correggo.. a sua convenienza e preferenza.
Creiamo grattacieli da cui vedere un mondo che nemmeno conosciamo, per cercare di guardare dentro di noi.
Costruiamo argini per difenderci dalle nostre paure più incoscie.
Eleviamo torri immense per abbattere Re e Regine degli scacchi.
Ideiamo Dei a cui aggrapparci nella sofferenza, dimenticare nella gioia e distruggere nel dolore. Idee di fede per cui limitiamo i nostri pensieri, le nostre azioni. Mutiliamo possibilità di vita.
Tutto sotto il concetto di giusto e sbagliato. Di puro o peccato. Bianco o Nero.
Il grigio non è contemplato. I colori non esistono.

E io vi chiedo, se sbagliate con l'intenzione di compiere un'azione sbagliata, essa rientra nella vostra prospettiva del giusto? E se tale decisione è inconsapevole?
Ognuno di noi si muove nel proprio bene, sia esso portatore di fini sconosciuti. Non consideriamo possibilità fuori dal nostro raggio di pensiero, di azione, di conoscenza. Le escludiamo, le marchiamo come negazioni, poichè non nostre.
Nella propria versione dei fatti nessuno fa mai la parte del cattivo.

Chiamatela prospettiva, chiamatela relatività, chiamatela come volete. La questione è che tutti abbiamo ragione e tutti abbiamo torto.
Qualsiasi decisione tu prenda, qualsiasi cosa tu dica è sia giusta che sbagliata. E' menzogna e verità. Alla fine dei conti sono solo parole, scritte o raccontate, in mille lingue e fonemi, milioni di tratti e caratteri. Simboli.
Pecchiamo con intenzione di gustarci il peccato. Mentiamo perchè la verità crea dolore. Sbagliamo perchè ci piace sbagliare. Perchè vogliamo.


Io voglio sbagliare. Perchè gli sbagli non esistono.

Max. Oggi molto Jack.

Img: Deviantart.com

lunedì 20 aprile 2009

Icaro.

Spicco il salto, vedo le nuvole sopra di me. Mi sembrano bellissime.
Sono proprio come piacciono a me. Soffici. Bianche.
Le voglio. Le desidero.

Gli occhi mi si chiudono a forza, quasi spinti da qualcosa o qualcuno molto più forte di me. Oppongo una resistenza estrema. Serve a ben poco.
Porto la mano alla fronte in un gesto di naturale banalità e lo sguardo, fino a poco prima spento, si focalizza in alto. Oltre le nuvole. Oltre il cielo. Oltre il tempo.
Mi abbaglia come se volesse chiamarmi a sè. Incessante richiamo di calore quasi umano, bruciante di vita. Sento sulla mia pelle il tocco, sulle labbra l'ardente sapore, negli occhi il desiderio.
Le mie ali vibrano con forza, sbattono al ritmo di un danza tribale. Veloci. Più veloci.
Mi lascio le nuvole alle spalle, ne trapasso il candore. Lo evito.Sposto con gesti bizzarri, goffi, quell'inutile ed eterea massa che mi distanzia da lei.
Al Diavolo le nuvole.

Il calore è estremo, lo sento percorrermi la schiena, strisciarmi sulle scapole, afferrarmi al collo in un abbraccio sensuale e letale. La sua voce silenziosa mi urla nella testa.
Non vedo più nulla, solo luce.
Sono ancora troppo lontano.
Le ali fanno male. Urlano e strepitano il loro grido meccanico al mondo. Non dargli ascolto, è solo perchè sono invidiose di ciò che vuoi.
Il desiderio è forte, la paura lascia il posto al fremito. La volontà non è più la mia.
Lei è lì. Non la vedo. Ho perso la percezione del mondo già da un po'.
Lei è lì. La sento. E' ustione chimica sulla pelle.
Lei è lì. Il suo esistere mi sconvolge e vibro dentro. Corde che si spezzano.
Allungo la mano. Il braccio teso sembra pesare come il mondo intero, i tendini son cavi e i muscoli argilla. Apro le dita, le muovo, cerco di afferrarla.
Digrigno i denti, quasi se fosse un modo per aumentare la speranza. Un modo per avverarla.

E poi luceluceluceluceluceluce. Nera.




Le rivedo mentre riapro gli occhi. Le vedo a tratti. A pezzi.
Minuscoli frammenti di ciò che mi sorreggeva. COriandoli di quelle ali che ho fatto soffrire. Le vedo inoltrarsi in quelle nuvole che ho tanto disprezzato, troppo leggere per sostenermi, troppo belle per non notarle. Le vedo divertirsi.
Ora volano davvero, non con me.
Ora il vento non mi sorregge, mi spinge in basso, mi ripudia. Capisco il suo disgusto.
Cerco di guardare in alto alla ricerca di ciò che mi ha condotto qui, e la vedo lontana, quella stella che ho desiderato, quel sole caldo. Ho tentato di raggiungere ciò che non potevo, ho cercato di averla, di toccarla, di sfiorarla.
Abbandono la testa e il corpo al movimento convulso che sta prendendo, rapida discesa verso.. verso cosa?
Lo sguardo volgo al mondo. Riempo gli occhi di verde sincero, d'azzuro lieve e di rosso. Inondo la vista di emozioni, di sensazioni, di immagini già viste ma sempre nuove, sempre splendide. Vita passata di un presente vissuto in maniera incompleta, vissuto a cercare qualcosa di inutile, di superfluo, rigettando il mondo accanto a me. Rifiutando la vita, la felicità.

Ora sorrido. Non l'avevo ancora fatto dal mio salto nel vento. Ma ora sorrido con serenità.
Allargo le braccia e accolgo quel mondo che avevo abbandonato, ora troppo vicino, troppo violento, Troppo. Non merito Nulla.

Perchè sono destinato a soffrire.

Max, che è sempre troppo Icaro.

Immagine: Deviantart.com

domenica 12 aprile 2009

Egoistic Love.

No. Oggi no.
Oggi non voglio abbellire il mondo. Oggi voglio solo vederlo com'è, senza colori, senza sfumature, senza toni. Senza inutili parole. Senza pensieri.
Senza la nebbia.

E oggi, che è Pasqua, e che a me non interessa che giorno sia, scrivo senza immaginare.
Scrivo qualcosa. Tanto per scrivere. Perchè tutto ha un senso, e se non lo ha, sta a noi dargliene uno.

E scrivo di una sera.
Una sera, un amico e un balcone.
Una sera e l'aria fredda di Torino.
Una sera e le luci sfumate di una strada che giace sotto la pioggia.
Una sera e parole lasciate cadere tra il giallo e il rosso, tra il blu e il nero. Nel bianco.

Lo ascolto. La luce calda dei lamponi crea maschere sul suo viso che danzano al movimento della sua bocca, creano sagome. Ascolto le sue parole.
Frasi che confondono l'aria, che mi danno a pensare, che mescolano mattoni dei muri della mia mente. Butta giù una torre. Ne creo un'altra.
E si confondono al suono di un'auto che passa tagliando il grigio della città. Lascio che lo sguardo la segua scomparire tra le luci dei semafori, la lascio divenire una luce, la lascio diventare solo buio. Ma ascolto.



"Perchè è un sentimento individuale per alcuni/e.
Quello non è amore. E' un viver di riflesso. Amano la sensazione che hanno quando stanno con te, amano il sentirsi amati/e l'emozione che sai dare.

Amano sentirsi quella sensazione addosso.
Amano come si sentono loro in quei momenti.
Non è amore, è un qualcosa di confuso, egoistico e cangiante. Mutevole sensazione che scompare quando tu non fai provar più tale vibrazione e allora divine naturale l'abbandono.
E c'è una differenza enorme dall'Amore. Quel sentimento che provi nel sentir felice l'altro, che mette la sua felicità al di sopra di te, che quando stai male cresce ugualmente.


Non è la sensazione fremente che nasce nel costante cercarsi.
Non è il piacere di vedersi perchè la sua vista ti fa star bene
Non è sentirsi bene perchè l'altro sa farti star bene

E io e te sappiamo cosa vuol dire amare.
Raro come un germoglio nell'arido deserto, ma d'un purpureo pulsare di vita.

Non il piacere che provi nel vedere l'altro, ma anche il soffrire per far star bene la persona che ami, e il tuo soffrire in questi casi ti rende vivo, puro.

Non è vero, fratello?"



Un sorriso compare sul viso, troncando una serietà accompgnata allo sguardo perso nel blu sfocato dell'orizzonte che non si vede. Mi sorride leggermente.
COme in un loop rimango senza parole, non è la prima volta che succede con i suoi discorsi. Son cose che so in fondo a me, ma lui sa tirarle a galla. Saranno le parole, saranno i momenti giusti, saranno le pause.
Rispondo con un sorriso.
Do un'ultima occhiata dall'alto, dal nostro luogo, la tana dei demoni e dei Re, alla città.
E' sempre troppo piena.


A Riko. Mio Amico. Mio Fratello.
Il Tyler di mè stesso.


Immagine tratta da Deviantart.com

martedì 7 aprile 2009

E vedrai il Cielo

Si dice che il cielo contenga tutte le risposte.
Preferisco pensare che contenga molte domande.

Chiudi gli occhi. Alza la testa. Senti la tensione del collo, dietro la nuca. Senti i nervi tirare, la pelle premere. Il sangue scorrere.
Respira a fondo, più a fondo. Senti l'aria che gira dentro.
Allarga le braccia alla notte, sentila passarti accanto. Senti il suo peso. Reggilo.
Apri gli occhi e lasciati andare, senti bruciare il freddo della luna sulla carne. Assaporalo a lungo.
Guarda il cielo e vedrai Vita.
La tua. La mia.



E vedrai stelle. Milioni di minuscoli punti di luce bianca. Luce fredda alla vista, calda a pelle. E come nella vita, capirai che le stelle le conosci, ne conosci il nome, l'odore, il volto. Saprai che le persone vicine a te sono centri caldi di luce, racchiusi nel loro buio.
Alcune le vedrai brillare più forte, altre meno.
Alcune vicine, altre lontane. Deboli ma tenaci.
Ricorderai quelle che perseverando sfidano notte dopo notte l'oscurità: Quelle che anche se le nuvole tentano di aumentare la distanza tra voi, continueranno a darti luce, a dare speranza. Ad indicare la via. E darai loro un sorriso.
T'incanterai a quelle che che squarciano la tenebra. Fiamme che ardono. Incandescenza pura nel lato più profondo del cielo. Le guarderai, distaccherai la mente, la percezione e il senso delle cose, dal resto. Darai loro i tuoi occhi. Mostrerai labbra non più serrate, zigomi morbidi. Mani aperte.
E d'un tratto ti solcheranno il cielo, divideranno la notte. Brucieranno l'aria che respiri.
Assordante silenzio d'un attimo in cui ti perdi. Aprono solchi di cui rimane una cicatrice eterea nello spazio, un flash nello sguardo che rivivrai nel chiudere gli occhi.
Stelle cadenti che passano nella tua notte, la invadono, ne prendono possesso, ti rapiscono e passano. Brevi istanti.. eterni.
Piangerai. Sentirai il caldo tocco di una mano. Ora sono pugni chiusi, labbra serrate, occhi impauriti.
Sentirai vento caldo cancellare l'immagine.
Sentirai dolore. Rabbia. Calma.

Riapri gli occhi, il cielo è ancora lì. Nonostante tutto, è sempre sopra di te.
Le stelle dormono ancora, sentine il respiro leggero. Alcune brillano più forte.
Sorriderai.

A questa eterna notte.

sabato 4 aprile 2009

Le Due metà del Cielo.

Perchè tutti abbiamo le ali.

Leggere di nuvola.
Eteree di nebbia.
Profili scanditi, profili segnati. Solchi, linee.
Di metallo.
Candidamente avoriate.
Di tenebra oscurate.
Dipinte.
Colorate di sogni.
Strappate. Lacerate. Consunte.
Pesanti.
Sbiadite dal tempo. Usurate.
Di luce.
Silenziose. Mute. Di un ricordo passato.
Imponenti. Stagliano il cielo, lo sezionano.
Di cera.
Diramate. Miste, ramificate. Elettricità.
Cadute. Perdute.
Scritte. Raccontate.
Di carta.

Perchè viviamo tra il cielo e la terra.
Ci dividiamo sguardi, affetto. Condividiamo sogni, emozioni, vita. Sangue.
Ci dividiamo il cielo. Ne coloriamo le sfumature in tonalità diverse. Lo stesso cielo, gli stessi occhi, visioni opposte. E viviamo uniti nel contrasto, opposti nell'uno.
E ci piace volare insieme.

Perchè tutti abbiamo le ali.


"Lo so, agli angeli piace il controllo.
Ma ai demoni piace il Caos"


Image from Max[Ace of Spades] / Riko [Tyler] /Max [Gabriel Alter3go]

giovedì 2 aprile 2009

Unfinished Rain

4.00 a.m.

Piove.
Il ritorno a casa è lungo. La radio mi parla, sussurra frasi a cui non do ascolto. Piove.
Il cielo è sopra di noi. Anche ora. Ma più nero del solito.
Nemmeno le stelle voglion vivere questa notte, la lasciano a noi. Piccole stelle al neon, in una città sempre troppo piccola.
Spengo la radio. Sono solo.
Lascio i pensieri ad un turbinare caotico, rivoltano parole, idee, ricordi, li mescolano e dispongono a file, in un ordine che solo loro possono interpretare. Lascio scorrere il tempo. Un tempo scandito dal battere della pioggia sul vetro. Sembra battere sulla pelle, sul cuore, nella testa.
L'asfalto ricoperto d'acqua di fronte a me riflette ogni cosa, sfuma l'ambiente, lima i sensi, moltiplica le luci. Confonde e illude.
Piove.

Sarà il silenzio.
La realtà di questa notte si confonde con il proprio riflesso, diventa un tutt'uno lontano e sordo.
Sarà il caos.
Le luci danzano un ritmo lento e allucinante. Panico di un brivido sulla pelle. Ogni tanto passi tu.
Sarà la pioggia.
Non so più quale sia la più reale. Il riflesso diventa il mondo in cui vivo.

E mi ritrovo a guardare la pioggia, a invidiarla, a desiderarla per lavare lo sporco.
A pulire il nero.


"Bianco. Tutto, niente, solo bianco. Fino ad ora, cado. Precipito. Un po' me l'aspettavo. Una sensazione nuova, paura, smarrimento. Piacere. La caduta diventa piacevole. Forse sorrido, non so come si faccia. Mi piace pensare che sto sorridendo ora. Mi guardo indietro. Il bianco non c'è, c'è grigio, c'è nero, c'è turbamento. Guardo avanti. C'è ancora grigio, c'è asfalto, c'è freddo. Vedo il mondo per la prima volta, e vedo il grigio. E' davvero cosi ciò che vivo? Ciò che vedo, ciò che sento? La caduta è eterna, il vento mi accompagna, ride di me. Lo lascio fare, mi godo il momento. Pochi secondi in tutto. La mia vita.. qualche secondo sfrecciando nel vento, scaraventato nel mondo sfocato di una notte, attorniato dal grigio illuminato da luci fluorescenti, sfidando la vita. E mi poso sull'asfalto."



Io sono pioggia.


Immagine tratta da Deviantart.com